Spesso mettiamo in atto, in modo automatico, meccanismi che tendono a ripetere schemi conosciuti ma non sempre adeguati riguardo alla qualità delle relazioni. E’ utile riflettere sugli esiti che le relazioni affettive hanno sullo sviluppo mentale del bambino.
Le ricerche nel campo evidenziano come le carenze affettive e le frustrazioni che il bambino si trova a vivere precocemente hanno ripercussioni sull’evoluzione dello psichismo. Pertanto, le vicissitudini e le qualità della relazione madre/bambino nei primi mesi di vita sono di estrema importanza per il futuro sviluppo psichico del bambino.
Nelle ricerche condotte da Spitz è emerso che le precoci deprivazioni affettive procuravano gravi ritardi allo sviluppo intellettivo, con effetti sullo sviluppo del linguaggio della deambulazione, dell’alimentazione ecc.
Si è visto che la possibilità del bambino di potersi appoggiare su una “madre sufficientemente buona” (Winnicott) permette di ridurre il rischio di incorrere in un deficit della funzione simbolica in quanto le tensioni sperimentate dal bambino potranno essere riconosciute e quindi mentalizzate.
Il riconoscimento del ruolo svolto dalle relazioni affettive primarie sposta l’attenzione sulla qualità della relazione tra madre e bambino nei primi mesi di vita.
Gli studi evidenziano che già nella vita intrauterina il feto vive esperienze somatiche, pur non avendo una rappresentazione della propria immagine corporea e della propria individualità. Anche dopo la nascita, il bambino per lungo tempo non percepisce la madre come un’entità separata, ma come un insieme di sensazioni non distinguibili da quelle provenienti da sé: il battito cardiaco, il calore, le sollecitazioni prodotte dal respiro e dal movimento del corpo, le mani, la voce, il volto, il seno, il latte ecc. Solo verso la metà del primo anno di vita il bambino inizierà a individuarsi e a concepire la madre come un’entità separata (fase di individuazione-separazione).
Nel momento in cui il bambino acquisisce gradualmente una rappresentazione psichica stabile della madre questo permetterà di superare il rapporto duale esclusivo, e quindi la simbiosi con il materno e di raggiungere un’adeguata autonomia anche in assenza dell’altro. Prima di arrivare a “separarsi”, notiamo che durante il suo sviluppo, il piccolo si muove alternativamente tra la fusione e la separazione come se avesse bisogno di sperimentarle entrambe.
Il bambino durante la fase fusionale alimenta la fantasia che vi sia un solo corpo, madre-bambino. Questo avviene perché gli stimoli provenienti dall’esterno non sono ancora decodificati come qualità di un oggetto ma come sensazioni corporee, indifferenziate.
Freud stesso indicò nel corpo l’origine delle esperienze mentali affermando che l’Io è “prima di ogni altra cosa un Io- corpo”.
Nei primi mesi di vita del bambino gli oggetti vengono assimilati in base alle modificazioni che provocano nel corpo, cioè sono percepiti come sensazioni somatiche e avvertiti come parti di sé piuttosto che come qualcosa di esterno dotato di una vita autonoma. Le sensazioni corporee e le modificazioni fisiologiche possono quindi costituire un modo primitivo per ripristinare la presenza della madre quando essa è assente (Trombini).
Con lo sviluppo questo mondo magico viene però abbandonato, la madre può essere pensata e la sua mancanza tollerata. Tuttavia può accedere, qualora il bambino viva esperienze di perdita e separazione superiori alle proprie capacità, che attraverso una memoria biologica, le sensazioni corporee legate all’oggetto mancante vengano riattivate. In questi casi si potrebbe dire che “il bambino ha la madre nel corpo”, cioè sperimenta la presenza somatica di un precursore di quello che non può essere ancora rappresentato con il linguaggio della psiche e riconosciuto come una figura autonoma ed esterna da sé, cioè della mamma.
Una presenza materna adeguata diventa quindi necessaria per uno sviluppo sano della percezione di sé come corpo e in generale per il raggiungimento di un valido equilibrio nello sviluppo psichico.
E’ importante, per il bambino, potersi appoggiare alla figura materna, non solo fisicamente ma anche mentalmente. Solo nel momento in cui la madre riuscirà a comprendere i reali bisogni del proprio bambino potrà rendere tollerabili le frustrazioni a cui può andare incontro nel corso dello sviluppo. Ma se la madre non svolge una funzione d’appoggio idonea le tensioni non potranno essere riconosciute e quindi mentalizzate.
Concludendo, possiamo dire che risulta fondamentale sottolineare il ruolo della qualità affettiva e relazionale che il bambino sperimenta nei primissimi anni di vita poiché solo una relazione che “nutre” permetterà al bambino un sano sviluppo mentale. La qualità di queste relazioni sarà basata non solo su un rapporto adeguato con il materno ma allo stesso modo sulla presenza della funzione paterna come regolatore del futuro sviluppo del bambino.