Qualunque richiesta di aiuto comporta sempre, da parte di colui che offre la propria competenza, l’analisi della situazione di crisi che la persona sta vivendo.
L’analisi implica la conoscenza di cosa il soggetto chiede, quali sono le motivazioni che incitano la sua richiesta, quali sono le aspettative nei confronti dell’intervento psicologico.
Comprendere qual è l’interesse, il coinvolgimento emotivo e la disponibilità del paziente a compiere il percorso terapeutico, è un elemento essenziale per offrire il miglior aiuto e potere adattare la propria prestazione professionale alle esigenze del richiedente.
Ogni paziente si distingue dall’altro sia per il problema che presenta sia per l’insieme di caratteristiche caratteriali e di personalità.
Ogni paziente può giungere a consultazione dopo essersi rivolto a vari specialisti e, pertanto, manifestando diffidenza e scetticismo.
A volte il fissare un appuntamento con uno psicologo può essere l’esito delle incitazioni di amici o familiari. In tal caso si parla di motivazione estrinseca.
Il cambiamento psicologico è più efficace se la spinta alla trasformazione è fortemente radicata in chi fa la richiesta d’aiuto. Tuttavia, qualora il paziente, all’inizio, non mostri un atteggiamento partecipato, può modificare i suoi pregiudizi e assumere un atteggiamento più favorevole al cammino psicologico da intraprendere.
Si evince che quando il paziente è diffidente o ha una motivazione estrinseca, il primo obiettivo di uno psicoterapeuta è coinvolgerlo rendendo intrinseca la sua motivazione.
Conoscere le aspettative della persona sull’intervento psicologico offre informazioni sul livello di attese alimentate da chi richiede l’aiuto. Talvolta qualcuno porta con sé desideri troppo elevati rispetto al tipo di aiuto che nella realtà è possibile attuare. Altre volte ritengono che l’intervento di un professionista possa modificare i comportamenti negativi delle persone che gravitano attorno all’assistito.
Possono emergere sia distorsioni del pensiero, sia la presenza di idealizzazioni nell’immagine dello psicologo. Al contrario la presenza di aspettative molto basse può rivelare un tono dell’umore deflesso, la percezione che gli eventi non possano modificarsi e, ancor peggio, l’impossibilità di esercitare un’azione per trasformare l’esito degli eventi.
Questi elementi indirizzano il lavoro del clinico e forniscono informazioni per stilare una diagnosi. Il fine dei primi colloqui è ricevere informazioni per fornire informazioni. Talvolta il sintomo è solo un paravento per celare disagi più profondi.
Ad esempio, il problema sessuale di una coppia può nascondere un conflitto relazionale più profondo che richiede interventi più lunghi.
In tal caso la richiesta di aiuto sarà volta, inizialmente, a risolvere quello specifico sintomo, ma il lavoro dello psicologo deve indirizzasi a cogliere quelli elementi che possono sciogliere il disagio relazionale e offrire il benessere completo della coppia.
Il rapporto tra la domanda implicita e quella esplicita è fondamentale per un corretto intervento clinico, o di lavoro offerto da uno psicologo.