L’invecchiamento si può descrivere come un processo di cambiamento che coinvolge le caratteristiche personali.
I segnali più evidenti si hanno a livello delle modificazioni cerebrali: i neuroni diminuiscono di numero, mentre aumentano le cellule gliali; si formano le cosiddette placche, l’attività neurotrasmettitoriale diviene più lenta e meno efficace; il mantenimento dell’omeostasi è più difficoltoso.
Le prime teorie sull’invecchiamento postulavano che questo processo portasse ad un declino generale delle abilità con una forte componente di perdita.
Per quanto riguarda il sistema nervoso sono stati fatti maggiori studi e sono state identificate le seguenti modificazioni: diminuzione irreversibile del numero dei neuroni, rallentamento progressivo nella produzione di certi neurotrasmettitori, funzionamento sempre meno efficace dei meccanismi di regolazione, aumento progressivo delle cellule gliali che si sostituiscono ai neuroni, comparsa di “placche” dette senili perché ritenute esclusive dell’età avanzata e progressivo irrigidimento delle pareti dei vasi sanguigni.
Attualmente, invece, non si parla di declino ma si considera che l’invecchiamento è si caratterizzato da perdita e compromissione di alcune abilità cognitive, ma meccanismi di compensazione e ottimizzazione in cui alcune abilità sono non solo conservate ma anche potenziate. Un ruolo determinante viene attribuito all’uso delle abilità.
Inoltre, training mentale e stimolazioni cognitive permettono di mantenere buoni livelli cognitivi. Vanno poi considerate le differenze individuali, in quanto l’invecchiamento è un processo eterogeneo.
Un fattore di forte peso è inoltre l’ambiente, nel determinare lo stile di invecchiamento; si intendono non solo i fattori contestuali, ma anche quelli socio economici e culturali.
L’aspettativa di vita che si allunga, dovuta anche ai progressi della medicina e della farmacologia, ha contribuito a quest’inversione di tendenza nel considerare l’invecchiamento non più come la fine dell’esistenza ma come una tappa nel percorso di vita.
E’ necessario distinguere un invecchiamento normale, da un invecchiamento caratterizzato dalla comparsa di patologie. Anche nell’invecchiamento normale si hanno comunque dei problemi a livello fisico: i vasi delle vene si ispessiscono causando problemi di circolazione, possono comparire malattie come il diabete e/o la sindrome metabolica, c’è una diminuzione delle capacità sensoriali, in particolare visive ed acustiche, anche olfattive, infine, un generale rallentamento nella velocità di esecuzione dei movimenti e dei compiti. Non si tratta però di patologie che vanno sempre ad incidere sul funzionamento cognitivo.
A livello di elaborazione, si notano disturbi percettivi in parte dovuti anche a impoverimento delle abilità attentive; la memoria di lavoro appare debole, rispetto soprattutto a compiti difficili, in quanto diminuiscono le risorse cognitive distribuibili tra i vari compiti.
Anche la componente di memoria dichiarativa ha dei deficit, che sono soprattutto di recupero e di strategie, non di codifica. Si riscontra in questa fase di vita labilità emotiva e una certa diminuzione dell’affettività, anche se queste considerazioni andrebbero inquadrate nell’ambito delle influenze degli stereotipi sociali, che portano ad un circolo di credenze erronee e svalutazione sociale.
D’altro canto, il linguaggio si conserva, con qualche deficit per la denominazione attribuibile più che altro a problemi di memoria. Inoltre, la memoria procedurale ed episodica sono conservate.
Una ipotesi è che si abbia una conservazione delle componenti di intelligenza cristallizzata, mentre vada a calare la capacità di intelligenza fluida, che spiegherebbe la compromissione a livello di problem solving e situazioni nuove.
L’invecchiamento normale quindi non è solo una perdita, ma anche una conservazione ed arricchimento, e come tale va considerato.
Soprattutto, è importante non focalizzarsi sulle perdite, evidenziate da test di laboratorio poco ecologici, ma considerare le abilità nel quotidiano e i meccanismi di compensazione. Per quanto riguarda l’invecchiamento patologico, possono svilupparsi forme di demenza corticale o sottocorticale, degenerativa o meno.
Importantissima è una diagnosi precoce e differenziale, al fine di poter eventualmente indicare una terapia utile. Ad esempio, la pseudo demenza depressiva mima i sintomi di una reale demenza, con forti deficit di memoria, ma che scompaiono appena si cura la depressione. Demenze metaboliche possono essere fermate disintossicando l’organismo, anche con delle diete. Rispetto alle demenze degenerative, non curabili, sono comunque disponibili e altri in fase di sperimentazione dei farmaci atti a ritardare il peggiorare del decorso.
In ultimo, anche in casi di demenza è fondamentale non dimenticare il training cognitivo e le stimolazioni sempre cognitive che possono essere un valido aiuto per ritardare la perdita di autonomia del paziente.