Il termine pet therapy è stato utilizzato per la prima volta nel 1964 dallo psichiatra infantile Boris M. Levinson. L’etimologia racchiude la parola “pet” che significa “animale domestico” mentre “therapy” vuol dire “terapia”, “cura”.
La pet therapy è un termine comunemente usato per indicare un intervento terapeutico, ludico, riabilitativo, educativo, con l’impiego di animali domestici. Oggi questa metodica viene indicata con l’acronimo I.A.A., ovvero Interventi Assistiti con gli Animali.
Gli animali coinvolti negli I.A.A. appartengono a specie domestiche a cui si riferisce il termine “pet” della lingua inglese. L’animale che, solitamente, viene impiegato è il cane, e non solo; grazie al carattere di alcune razze può risultare un valido aiuto terapeutico.
La terapia attraverso l’uso degli animali domestici è stata messa in pratica molto prima della nascita del suo nome. Infatti, psicologi e medici scoprirono l’importanza della cura tramite un animale domestico su pazienti psichiatrici. Il suo utilizzo a scopo terapeutico ha origini molto lontane.
Con l’approvazione delle nuove linee guida, avvenuta il 25 marzo 2015, entra a far parte a tutti gli effetti il termine I.A.A. Questo acronimo sostituisce il vecchio termine pet therapy che ancora oggi viene comunemente impiegato per indicare una variegata gamma di interazioni con gli animali, più o meno complesse. Questa terapia è finalizzata alla cura, alla riabilitazione, all’educazione, alla promozione del benessere e della qualità della vita delle persone che nel loro insieme costituiscono gli interventi assistiti con gli animali (I.A.A.).
Il ministero della salute descrive in modo dettagliato gli interventi assistiti con gli animali (I.A.A.). Nell’ambito degli I.A.A. la relazione con l’animale deve essere valutata grazie ai “contributi al cambiamento” che fornisce alla persona. Gli animali domestici possono avere un importante ruolo di mediatori nei processi terapeutico-riabilitativi ed educativi grazie all’attivazione di stimoli sensoriali, tattili e visivi che permettono di avviare un processo benefico per chi interagisce con gli animali. Ovviamente occorre evitare sia la strumentalizzazione che l’antropomorfizzazione dell’animale domestico.
Come indicato dal ministero della salute, gli interventi assistiti con gli animali non possono essere attuati in modo generico. Gli I.A.A. possono apportare dei miglioramenti solo se si adeguano ai particolari bisogni di ogni paziente/utente, nella sua specificità, patologica o meno e biografica, e quindi solo mettendo a punto attività di relazione coerenti e sinergiche con gli obiettivi che ci si prefissa.
Gli I.A.A., per poter essere svolti in coerenza con i propri obiettivi e nel rispetto del paziente/utente e dell’animale coinvolto, richiedono il coinvolgimento di un’équipe multidisciplinare, composta da figure professionali diverse, sanitarie e non, che concorrono alla progettazione e alla realizzazione dell’intervento, ognuno per le proprie competenze, lavorando in stretta collaborazione per gestire al meglio la complessità della relazione uomo-animale (www.salute.gov.it)
Gli studi relativi agli I.A.A. dimostrano che la relazione con l’animale permette “investire” nuovamente l’interesse verso gli altri. Sono rivolti a persone con disturbi della sfera fisica, neuoromotoria, psichica, mentale o con qualsiasi altro tipo di disturbo ma, possono essere indirizzati, anche ad utenti sani.
L’obiettivo è quello di indurre i pazienti depressi e in isolamento sociale a reagire e a sentirsi utili, in alcuni casi a ridurre l’uso dei farmaci grazie ad una migliore qualità della vita.